Scarica il PDF
Sommario: 1. La condizione di palese sofferenza in cui versa da anni l’autonomia, i fattori cui essa principalmente si deve e la ricerca dei modi con cui porvi, almeno in parte, rimedio. – 2. Il bisogno, vieppiù avvertito per effetto delle plurime e gravi emergenze del tempo presente, di una forte regia centrale, che nondimeno non si traduca in una indebita penalizzazione dell’autonomia, componente essenziale assieme alla unità-indivisibilità della Repubblica di un unico, seppur internamente articolato, valore fondamentale. – 3. Per la introduzione di un regime di “specialità diffusa” (prime notazioni). – 4. Argomenti a sostegno della proposta ricostruttiva qui nuovamente affacciata, rilievi a riguardo della opportunità di prevedere procedure non dissimili per il rifacimento del regime di specialità rispetto a quelle stabilite per il regime di “specializzazione”, bisognoso di affermarsi all’insegna dei principi di sussidiarietà e solidarietà. – 5. Le incognite legate ai riflessi a carico della specialità che possono aversi per
effetto della eventuale realizzazione a tappeto della “specializzazione”, gli inconvenienti che per l’attuale modello possono conseguire a quest’ultima, e l’ulteriore riprova della necessità di far luogo al regime di “specialità diffusa” qui nuovamente patrocinato.
1. La condizione di palese sofferenza in cui versa da anni l’autonomia, i fattori cui essa principalmente si deve e la ricerca dei modi con cui porvi, almeno in parte, rimedio
Encomiabile appare, invero, essere lo sforzo prodotto da una nutrita schiera di studiosi nel tenere desta l’attenzione sull’autonomia regionale in genere e, per ciò che qui è di specifico rilievo, su quella speciale, come pure, dopo la riscrittura dell’art. 116, su quella c.d. “specializzata”1. Ne dà una eloquente, particolarmente attendibile, testimonianza proprio il libro la cui lettura ha offerto lo spunto per la riflessione qui svolta: un libro corposo e denso, vorrei dire: “plurale”, dal momento che i contributi in esso ospitati appaiono essere di vario orientamento, per impianto metodico e svolgimento teorico-ricostruttivo. In esso – è bene mettere subito in chiaro – non si lesinano critiche anche penetranti alle Regioni, che sicuramente portano una quota pesante di responsabilità per la condizione svilita in cui versa l’autonomia; più incisivi ancora, però, sono i rilievi indirizzati allo Stato per il pressing soffocante esercitato a carico delle Regioni sin dal tempo ormai lontano in cui quelle ad autonomia differenziata (e – per ciò che qui specificamente importa – la Sicilia) muovevano i primi passi. Eppure, malgrado il quadro a tinte fosche e non promettente nulla di buono per l’avvenire che risulta delineato dagli studi in parola, anche i loro autori, al pari di molti altri che li hanno preceduti, mostrano di coltivare caparbiamente la speranza di un possibile risveglio dei maggiori enti territoriali provvisti di autonomia dallo stato comatoso – come l’ho altrove qualificato – in cui versano ormai da anni. È, tuttavia, noto che il tempo non gioca a beneficio delle persone in coma ma, all’inverso, affievolisce la fiammella della speranza di ripresa, senza peraltro trascurare la circostanza per cui, quand’anche quest’ultima poi si abbia, è tutto da vedere quale sarà lo stato di salute di tali soggetti.