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Abstract
Negli ultimi anni, la stampa, i quotidiani e gli articoli accademici, hanno segnalato il disagio di molti laureati italiani costretti a lavorare all’estero. Ad implementare questo stato di cose ha contribuito la pandemia da Covid-19, dando vita a un dibattito sulla relazione tra forme insediative e diffusione del contagio che ha ripotato in auge un tema carsico nel dibattito pubblico italiano: quello del divario tra Italia e estero. Alcuni ritengono che la responsabilità di questa situazione sia ascrivibile all’assenza di un supporto finanziario e incentivi a sostegno della ricerca. Tuttavia, la situazione del settore della ricerca italiana, che impiega ancora una piccolissima frazione di laureati italiani, non è l’unico fattore che spinge “i cervelli italiani” ad emigrare o a rimanere all’estero dopo aver studiato in Università straniere. Nonostante le diffuse prove aneddotiche sulla fuga dei cervelli dall’Italia, è imprescindibile un’indagine statistica per quantificare il fenomeno. Ad oggi, l’assenza di un quadro completo di informazioni preclude di identificare le dimensioni di questa “fuga” e il suo effettivo andamento negli ultimi anni, rendendo inadeguato l’utilizzo del parametro della competitività dei territori, frutto della loro mercificazione, per cedere il passo ad un approccio alternativo basato sulla loro desiderabilità, concetto di più difficile definizione che però tiene in considerazione tutti i diversi aspetti (e non solo quelli economici) che spingono le persone a scegliere il luogo in cui vivere. Per arrestare la “fuga dei cervelli” sono stati introdotti incentivi fiscali alle imprese che assumono ricercatori, dottori di ricerca e docenti universitari. Il presente lavoro analizza il credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, inizialmente introdotto dall’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, reso operativo con l’emanazione del decreto interministeriale del 27 maggio 2015, ma innovato ad opera della Legge di Bilancio del 2023. Il nuovo credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo va senz’altro valutato positivamente dalle imprese, anche se, come vedremo, è affetto da alcune criticità da cui potrebbe scaturire un’inefficiente applicazione del beneficio.

Brain drain and tax breaks to companies investing in research and development in the Italian legal system

In recent years, the press, newspapers and academic articles have reported the hardship of many Italian graduates forced to work abroad. The Covid-19 pandemic has contributed to implementing this state of affairs, giving rise to a debate on the relationship between settlement forms and the spread of the contagion that has resurrected a karst theme in Italian public debate: that of the gap between Italy and abroad. Some believe that the absence of financial support and incentives to support research is to blame for this situation. However, the situation of the Italian research sector, which still employs a very small fraction of Italian graduates, is not the only factor driving “Italian brains” to emigrate or stay abroad after studying at foreign universities. Despite widespread anecdotal evidence of brain drain from Italy, a statistical survey to quantify the phenomenon is imperative. To date, the absence of a complete picture of information, precludes identifying the size of this “flight” and its actual trend in recent years, making the use of the parameter of the competitiveness of territories, the result of their commodification, inadequate to give way to an alternative approach based on their desirability, a concept that is more difficult to define but which takes into account all the different aspects (and not only the economic ones) that drive people to choose the place where they live. To halt the “brain drain,” tax incentives have been introduced for companies that hire researchers, PhDs and academics. This paper analyzes the tax credit for research and development activities, initially introduced by Article 3 of Decree Law No. 145 of Dec. 23, 2013, made operational with the issuance of the interministerial decree of May 27, 2015, but innovated by the Budget Law of 2023. The new tax credit for research and development activities is undoubtedly to be welcomed by companies, although, as we shall see, it is affected by some critical issues that could lead to an inefficient application of the benefit.