Scarica il PDF


Sommario: 1. Il metodo di indagine, oltre il sentimentalismo. – 2. Dalla «fede di sanità» al «green pass». Cinque secoli di passaporto sanitario. – 3. L’evoluzione normativa e l’eterogenesi dei fini. – 4. Tra green pass ed obbligo vaccinale: il pendolo legislativo e la “spinta gentile”. – 5. Segue. O la (necessaria) tutela nei confronti della responsabilità per danni da vaccino. – 6. “Comunità del rischio” ed ambienti di lavoro: la schizofrenia normativa.

1. Il metodo di indagine, oltre il sentimentalismo

A fronte di una curva epidemiologica dall’andamento instabile ed il dilagare di nuove varianti del virus Sars-Cov- 2, il Governo ha dovuto periodicamente ri-valutare le politiche di contenimento del contagio, con il dichiarato intento di «garantire alle imprese e alle attività commerciali di rimanere aperte».

È stata avviata da ultimo una terza campagna di vaccinazione (estesa a tutti i cittadini sopra gli undici anni, ma anche ai bambini tra i cinque e gli undici), “sostenuta” dalla contestuale riforma delle regole per l’ottenimento del cd. «green pass»1.

Stante la perdurante mancanza di un obbligo vaccinale generalizzato imposto per legge, tramite il costante adattamento della disciplina prevista per il cd. certificato verde – durata e condizioni per ottenerlo –, il Governo punta ad indurre il maggior numero di persone ad intraprendere il ciclo vaccinale o a completarlo. Possedere un green pass rappresenta oggi infatti l’unica via per godere di una serie di servizi e per poter svolgere, in molti casi, la propria attività lavorativa.

Queste brevi osservazioni intendono dunque inquadrare le questioni relative all’adozione di questa misura, quale strumento equivalente e/o sostitutivo dell’obbligo vaccinale2, valutandone i riflessi sul piano dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, liberando tuttavia il discorso da ogni precomprensione inquinante o sentimentalismo giuridico che poco si addicono ad una scienza razionale, quale dovrebbe essere appunto quella del diritto3.

La precisazione è doverosa se si considera che alcuni intellettuali – di diversa estrazione e orientamento – hanno pubblicamente manifestato, in piazze reali e virtuali, una netta posizione di contrarietà nei confronti della normativa nazionale che, estendendo progressivamente l’operatività del certificato verde dalla sfera dei viaggi all’estero4 a molteplici attività interne di carattere produttivo e/o sociale, avrebbe finito per introdurre un controllo senza precedenti della vita sociale e una limitazione del nucleo essenziale delle libertà fondamentali, arrivando ad integrare un vero e proprio diritto «dispotico» dell’emergenza5
.